Negli ultimi anni, i purificatori d’aria si sono diffusi nelle case delle grandi città come risposta all’inquinamento atmosferico urbano. Anche io ne ho recentemente acquistato uno. Non investito subito un modello da design, volevo prima testare l’esperienza d’utilizzo di un modello più semplice e funzionale.

Il mio purificatore è un semplicissimo (e bruttissimo) cilindro bianco di medie dimensioni, che ho posizionato in camera mia, accanto alla porta.
Questa scelta di posizionamento mi ha richiesto parecchio tempo: il dispositivo promette aria pulita per l’intero appartamento, ma in realtà il tempo necessario per purificare completamente l’aria di tutte le stanze è molto lungo. In pratica, si crea una “bolla” di aria pulita attorno a sé e filtra ripetutamente lo stesso volume d’aria nel tentativo di raggiungere tutto l’ambiente domestico. Al crescere del volume che si vuole purificare e al numero di ostacoli al flusso dell’aria (es. muri, porte, etc…) l’efficienza del dispositivo dovrebbe diminuire vertiginosamente.

Del tempo che sono in casa, la maggior parte la trascorro nella mia camera, quindi ho deciso di dare priorità a quella stanza, massimizzando comunque il potenziale di filtraggio per tutta la casa posizionando il depuratore d’aria vicino alla porta.

Per ragioni di ambientali, ho impostato il purificatore per accendersi automaticamente solo quando il livello di particolato supera 10 mg/m³ e per spegnersi sotto 2 mg/m³. Tuttavia, durante i periodi di maggiore inquinamento a Milano, il dispositivo è rimasto quasi sempre acceso.

Osservarlo acceso per tutto il giorno mi ha portato a fare alcune riflessioni:

Limiti tecnici dei purificatori d’aria domestici

Il primo aspetto da considerare riguarda l’efficacia reale dei purificatori. Pur essendo in grado di catturare particelle fino al PM2,5, la loro capacità di trattare grandi volumi d’aria è limitata. Pulire completamente un appartamento richiede molto tempo e, su scala urbana, l’impatto è marginale. In alcuni casi, filtri HEPA fai-da-te possono risultare più rapidi ed efficienti su piccoli spazi.

In altre parole, un purificatore può migliorare significativamente la qualità dell’aria interna, ma non tanto quanto sembrerebbe dalle campagne di marketing che ci influenzano.

Consumi energetici e paradosso morale

Il secondo punto riguarda il costo energetico e l’aspetto morale del consumo. Idealmente, il purificatore dovrebbe restare sempre acceso per garantire aria di qualità ottimale. Tuttavia, questo comporta un aumento del consumo elettrico e, indirettamente, un maggiore impatto ambientale. Ci troviamo quindi di fronte a un paradosso: migliorare la salute e il benessere domestico contribuisce direttamente all’inquinamento esterno.

Lo stesso meccanismo vale per l’aria condizionata: raffreddare un appartamento comporta un aumento del calore urbano esterno, creando un circolo vizioso. Man mano che più persone installano sistemi di climatizzazione, vivere senza diventa più difficile, riducendo la qualità minima di vita considerata accettabile in città.

Possiamo considerare legittimo il diritto di un individuo di purificare o raffreddare l’aria dentro la propria abitazione al costo dell’aria esterna?

Ripensare la sostenibilità domestica

La narrativa ecologista dominante spinge quasi sempre alla riduzione dei consumi come obiettivo principale, spesso a scapito della qualità della vita. Tuttavia, ci sono situazioni in cui un maggiore consumo energetico dovrebbe poter essere giustificato, perché porta benefici reali e tangibili per la salute e il benessere dell’individuo.

Ho sempre trovato ingenua la visione di decrescita energetica, invece di concentrarsi esclusivamente sulla riduzione dei consumi, dovremmo puntare a efficienza e valore reale. Alcuni consumi domestici dovrebbero essere slegati da un giudizio morale, perché rappresentano investimenti diretti nella qualità della vita. Giusto per menzionarne alcuni:

  1. Riscaldamento in inverno fino a 20°C
  2. Raffreddamento in estate fino a 25°C
  3. Purificazione dell’aria domestica
  4. Illuminazione continua quando serve
  5. Uso standard di elettrodomestici essenziali

Seguendo questa logica, mantenere il purificatore acceso in casa dovrebbe essere un “no-brainer” e non dovrebbe aver alcun costo morale associato: un costo energetico giustificato dal miglioramento della salute e della qualità dell’aria, senza sensi di colpa.

Conclusione

I purificatori d’aria domestici rappresentano un esempio chiaro del paradosso tra qualità della vita dell’individuo e i consumi energetici associati. La sfida della sostenibilità urbana non dovrebbe consistere solo nel ridurre i consumi, ma nel distinguere tra spreco e investimento reale. Garantire aria pulita, temperatura confortevole e condizioni domestiche salubri è un investimento energetico che vale la pena fare, anche se per raggiungere questa qualità si consuma energia che probabilmente sta inquinando l’aria esterna. Realisticamente, però, non ci libereremo del “costo morale” del comfort dato dalla tecnologia fino a quando non riusciremo ad avere una produzione davvero pulita di energia elettrica.


Risorse:

  • Thumbnail: la fonte dell’immagine originale è il sito web housefresh.com