It’s clear that our cities desperately need to be rewilded.
Abbiamo costruito ambienti urbani inospitali per la biodiversità: sterili, impermeabili, spesso pensati solo per le auto (ma questa è tutta un’altra storia). È un approccio così radicato da rendere invisibile ogni possibile alternativa. Thank god on this topic I can play the role of the optimistic one.
Da tempo sono un grande sostenitore del rewilding urbano, ma lo ammetto con sincerità: di piante, di vita vegetale e di giardinaggio non so praticamente nulla. Sono talmente ignoranet che ho deciso di dover porre rimedio sperimentando su una scala che posso gestire da solo, anche con le mie sole competenze limitate. Davanti alle mie finestre c’è un piccolo fazzoletto di terra abbandonato, teoricamente di competenza del condominio, ma praticamente dimenticato da tutti. Lo vedo ogni mattina uscendo e ogni sera al mio rientro. Non esagero quando dico che riesce a incutermi tristezza da quanto è insulso. Da qui l’idea: prendermi cura di questo pezzettino di terra arida, arrivando a piccoli passi a creare una micro-foresta Miyawaki in questi circa 5m² con cui posso giocare.
Non mi aspetto grandi risultati, ma la prendo come un’occasione per imparare facendo. Non nascondo però che nel profondo spero di poter arrivare a cogliere alcuni dei vantaggi di avere della vegetazione visibile dalla finestra. Lascio questa immagine che riesce a riassumere meglio di quanto non potrei fare a parole:

In che senso “una micro foresta”?
Le foreste Miyawaki sono dense, multilivello, e progettate per crescere in modo accelerato e autonomo. In pochi anni possono restituire al contesto urbano un ecosistema vitale e complesso: alberi, arbusti, erbe, insetti, uccelli e piante autoctone che cooperano tra loro. Sono una forma di resistenza verde: contrastano il degrado ambientale, migliorano la qualità dell’aria e creano piccole oasi di biodiversità nel grigio della città. In una metropoli come Milano possono diventare isole di biodiversità fondamentali.
Per come si può ampiamente cogliere dalla foto a seguire, questa metodologia di piantagione, favorisce una crescita delle piante molto più rapida di quella che siamo abituati a conoscere, regalandoci una foresta complessa in una frazione del tempo che avrebbe impiegato a formarsi naturalmente.


Nelle immagini vedete progetti ben strutturati all’interno di parchi ben più ampi, ma anche Paderno, con i suoi “spazi di mezzo”, i cortili dimenticati come il mio e i margini di prato, le rotonde vuote e dimenticate, può accogliere progetti simili. Una micro-foresta in più non ci farà male.

Per i più curiosi lascio anche dei video di spiegazione della tecnica e delle dimostrazioni di validità in vari contesti in giro per il mondo. Sono in inglese, ma d’altronde ormai lo avrete capito che lo stile di questo blog è un continuo free-style tra le due lingue:
Dovrà essere una foresta auto-sostenibile (perché so di non essere costante)
Per aumentare le probabilità di successo del progetto, ho deciso di strutturare tutto il giardino in modo che possa crescere in salute con il minimo sforzo richiesto da parte mia.
Il primo punto che ho dovuto affrontare per renderlo fattibile è stato il problema dell’irrigazione.
Questo cortiletto non ha alcuna fonte d’acqua se non l’occasionale pioggia e se io dovessi trovarmi a partire per un paio di settimane di vacanza rischierei seriamente di mettere a rischio di fallimento l’intero ecosistema. Per fortuna Pinterest non delude mai e mi ha aiutato a scoprire l’irrigazione passiva con un sistema chiamato OLLA, una tecnica tradizionale che sembra quasi fantascientifica.

Si tratta di un contenitore in terracotta porosa, interrato vicino alle radici delle piante. Riempito d’acqua, questo permette di farla filtrare lentamente nel terreno, in base al bisogno delle radici, interrompendo il flusso quando il terreno è sufficientemente umido e riprendendo quando ce n’è bisogno. Like magic, but instead is just osmosis.
Non trovandone una a prezzi ragionevoli online, ho deciso di costruirmene una da solo. Era passato un po’ dall’ultima volta che non facevo un progetto DIY, ho colto l’occasione.
Anche per questo Pinterest ci viene in aiuto:
Ho incollato due vasi in terracotta, li ho sigillati con del silicone e lasciato libera l’apertura superiore per il rabbocco.
Una volta interrata, la OLLA lavorerà in autonomia, mantenendo il terreno umido anche nei giorni più caldi. Ovviamente devo ancora prestare attenzione a tenere il vaso sempre pieno, ma potenzialmente vorrei poi andare ad aggiungere una tanica esterna che possa passivamente rifornire l’OLLA di acqua, liberandomi anche di questo arduo compito. Prima di poterlo fare però dovrei misurare la massima velocità di rilascio dell’acqua, per poter calcolare quanti giorni potrebbe continuare a funzionare il sistema in caso di siccità prolungata e per dimensionare adeguatamente la cisterna esterna.
Idealmente, sapendo di dover partire per le ferie, vorrei che mi basterebbe riempire la tanica esterna, garantendomi la certezza che il giardino sarebbe mantenuto a umidità costante per tutto il tempo, così da non dover partire con la paura di tornare e trovare tutto morto.
Per il momento ho costruito una singola OLLA, ma nel progetto iniziale ne dovrei interrare almeno tre e dovrei preparare i tubi per collegare la cisterna all’OLLA in modo che sia impossibile per le zanzare trarre vantaggio di questo mio piccolo esperimento trasformando il giardino in una fabbrica di zanzare.



Volendo fare un ulteriore passo avanti, potrei considerare di raccogliere l’acqua piovana e farla confluire nella tanica per per poterla riempire passivamente e allungarne la durata attesa di autosufficienza garantita dalla tanica d’acqua. In uno scenario di pioggia regolare, potrei arrivare a non dover mai rifornire manualmente di acqua la tanica, diventando un sistema veramente autonomo.
But again, worst-case scenario, I can always take a bucket of water, refill the outside cistern, and call it a day.
Abbiamo l’OLLA, ora cosa mi manca da fare?
Il prossimo passo sarà interrare la olla e riempirla, per monitorare quanto tempo impiega a svuotarsi. Da lì capirò quanta autonomia garantisce e quanto del terreno riesce a tenere umido.
Non sarà una cazzata, fossi stato furbo avrei inserito un meccanismo del genere, ma ormai è fatta…

Sto pensando di riempirla tutte le sere per i primi giorni e segnarmi quanta ulteriore acqua riesco a farci entrare ( = acqua già erogata dalla OLLA nelle 24h precedenti). Dopodiché, una volta calcolata una media giornaliera, vorrei provare a riempirla meno di frequente per poter vedere se l’erogazione di acqua al giardino di un’olla è costante o segue una curva logaritmica.
Infine devo ancora capire esattamente cosa posso piantare. Vorrei evitare che si trasformasse in un banale orto da giardino con insalata e carote. Vorrei provare davvero a creare qualcosa che ricordi vagamente una piccola foresta.
Per riuscirci sto stressando ChatGPT per trovare delle specie autoctone che si sposino bene con una micro foresta a diversi livelli verticali, per replicare il principio di stratificazione tipico delle foreste naturali.
I have no clue how to get the seeds or how to plant them, so I wouldn’t be able to predict how long it will take.
Che obiettivo mi pongo?
Questo è solo un primo esperimento. Se funziona, non mi dispiacerebbe di espandere il progetto creando un metodo di rewilding che possa essere autosufficiente e capace di aumentare le proprie chanche di sopravvivere al contesto urbano e alla disattenzione delle persone.
Potrei pensare di testare interventi di guerrilla gardening, o cercare collaborazioni strutturate per trasformare veri e propri spazi abbandonati in piccole foreste urbane, ma per il momento mi accontento di creare un piccolo fazzoletto di bio diversità alto e denso abbastanza da mettere in ombra le mie finestre che guardano a sud, che normalmente trasformano la casa in un forno.
Di sicuro uno che parla di rewilding e micro forests non può non essersi mai sporcato le mani curandone una!
Sono convinto che il futuro del “defensive urbanism” passi anche e soprattutto da qui: dalla riforestazione delle città, dal passivamente rompere l’asfalto con le radici, dal ridare spazio alla vita vegetale nei nostri paesaggi quotidiani, idealmente sostituendola a spazi vuoti, dimenticati o abbandonati.
Non sarà perfetto e non credo sarà veloce. Non vedo l’ora di seminare, ma so già che non riuscirò a mantenere questo livello di attenzione e coinvolgimento a lungo, so I’m not throwing away my shot.
La mia foresta prenderà il suo tempo per crescere, non posso garantire la mia costanza eterna: vorrei poter essere uno spettatore, non un agricoltore. Se poi volessi replicare il metodo altrove in altri fazzoletti di terra abbandonati sul territorio di Paderno Dugnano devo poter sapere di non essere indispensabile al successo del progetto.
It must be set it up and forget it.
Vi aggiornerò con dei timelaps della crescita della foresta, sempre che dalle foto non sia troppo facile ricondurvi a dove si trovi casa mia e quindi a smascherarmi.
See ya!
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